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martedì 18 dicembre 2012

venerdì 6 agosto 2010

Usain Bolt

«Faccio una cosa molto bene, ma il talento non basta. E' il primo insegnamento che mi ha trasmesso il coach. Puoi aver talento, ma se non lavori duramente non diventi un campione.» (U. Bolt)

Usain Bolt nasce a Trelawny (Giamaica) il giorno 21 agosto 1986, da Jennifer e Wellesley Bolt. Per il suo talento, in accordo al suo cognome, è soprannominato "Lightning Bolt", termine che in lingua inglese significa fulmine o saetta. Le sue grandi doti atletiche si fanno notare fin dai primi anni: giovanissimo pratica diversi sport, soprattutto il cricket. Entrato nella William Knibb Memorial High School, l'allenatore di cricket nota le doti da velocista che Usain possiede, così decide di farlo partecipare alle gare di atletica leggera.
Va sottolineato come in Giamaica tutti i ragazzini corrano per diventare velocisti, al pari di quanto in Italia i giovanissimi sognano una carriera da calciatore e negli U.S.A. un futuro da cestista.

Nel 2001 Usain Bolt vince la sua prima medaglia sulla distanza dei 200 metri nel campionato scolastico, con un tempo di 22"04. Nello stesso anno partecipa alla sua prima competizione a livello nazionale (i Carifta Games, destinati ai giovani fino a 17 anni di età della comunità caraibica), ottenendo una medaglia d'argento sui 400 metri piani (tempo: 48"28).

La prima occasione per mostrare il suo talento a livello internazionale arriva con i Campionati Mondiali Juniores del 2002. Nella gara dei 200 metri stabilisce il suo nuovo record personale (20"61) ed ottiene la medaglia d'oro. Oltre a questo già grande risultato individuale, Usain aiuta la squadra giamaicana nelle due staffette, portando a casa due argenti e stabilendo due ottimi tempi nella 4 x 100 metri (39"15) e nella 4 x 400 metri (3' 04"06). Ai mondiali Juniores dell'anno seguente (2003) Bolt migliora ulteriormente il suo tempo (20"40) ottenendo una nuova medaglia d'oro.

Passa sotto le ali dell'allenatore Fitz Coleman e inizia la carriera professionistica: dal 2004 si consacra come uno dei più talentuosi velocisti di sempre. Nel 2004 Bolt vola in Grecia per partecipare alle Olimpiadi di Atene, ma a causa di un infortunio nella batteria di qualificazione corre i 200 metri con un tempo troppo alto (21"05), non qualificandosi per la finale.

Il 2005 è un anno fondamentale per Bolt. Il nuovo coach è il giamaicano Glen Mills. Mills decide di far cambiare l'approccio mentale che Bolt ha nei confronti dello sport: così, dieci giorni prima del suo diciannovesimo compleanno, Bolt fa registrare il tempo di 19"99 sui 200 metri, diventando il primo atleta a scendere sotto i 20" in questa distanza in un torneo juniores. Sfortunatamente, durante i Campionati del Mondo del 2005, si infortuna durante la gara ed arriva ultimo con un tempo altissimo (26"27).
Tra il 2005 e il 2006 entra nella top 5 del ranking mondiale. Nel 2006 migliora il suo record personale nei 200 metri: corre la distanza in 19"88 al Grand Prix di Losanna, ottenendo una medaglia di bronzo (dietro gli americani Xavier Carter e Tyson Gay).

Durante tutto il 2007 Bolt fa registrare ottimi risultati, vincendo medaglie e soprattutto abbassando in continuazione i suoi primati personali. Nei Campionati del mondo di atletica del 2007 vince una medaglia d'argento, con il tempo di 19"91 (alle spalle di Tyson Gay).

Si avvicina il grande evento delle Olimpiadi di Pechino e il 3 maggio 2008 Bolt compie un'impresa straordinaria: realizza la seconda miglior prestazione di ogni tempo sui 100 metri piani, nel corso del meeting Jamaica International a Kingston. Usain Bolt nell'occasione fa registrare il tempo di 9"76 (con vento a favore +1,8 m/s), a soli due centesimi dal primato mondiale del connazionale Asafa Powell. Ma la grande impresa si fa attendere solo pochi giorni: a New York, nel corso del Reebok Grand Prix allo Ichan Stadium, Usain Bolt stabilisce il primato mondiale sui 100 metri facendo fermare il cronometro sui 9"72. Il 13 luglio 2008, al Super Grand Prix di Atene, corre i 200 metri in 19"67 (vento - 0,5 m/s): questo tempo rappresenta il primato personale e il primato mondiale stagionale, ma soprattutto lo colloca al quinto posto nella classifica assoluta di sempre.

Arriva il tanto atteso appuntamento delle Olimpiadi di Pechino: come è tradizione alla fine di ogni edizione dei Giochi Olimpici, sarebbe rimasto un elenco di uno o due atleti i cui nomi, per le loro imprese sportive, sarebbero per sempre rimasti legati alla manifestazione: dopo l'impresa dell'americano Michael Phelps capace di vincere otto medaglie d'oro, l'altro personaggio che tutti attendevano era proprio Usain Bolt.
Il 16 agosto 2008 si corre la finale dei 100 metri piani: Bolt stabilisce il nuovo primato mondiale con un riscontro cronometrico di 9"69 (arrotondato per eccesso), nonostante il giamaicano abbia vistosamente rallentato la sua corsa, in preda all'esultanza, negli ultimi metri (correndo inoltre gli ultimi passi con la scarpa sinistra slacciata). Quattro giorni dopo più tardi, il 20 agosto 2008, Usain domina anche la finale dei 200 metri piani stabilendo il nuovo record mondiale con 19"30 e vento contrario (-0,9 m/s), ritoccando il precedente primato dello statunitense Michael Johnson di 19"32 (ottenuto ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996 e che sembrava avesse dovuto durare ancora a lungo). In questa occasione Bolt fa registrare la massima velocità media con partenza da fermo mai raggiunta da un uomo (37,305 km/h). Due giorni più tardi vince la terza medaglia d'oro olimpica, stabilendo ancora un record mondiale: la gara è quella della staffetta 4x100 vinta (record 37"10) assieme a Nesta Carter, Asafa Powell e Michael Frater.

Il 2009 e' l'anno dei mondiali di atletica che si svolgono a Berlino: Bolt strabilia e frantuma i suoi precedenti record sia sui 100 che sui 200 metri.

domenica 1 agosto 2010

BIOGRAFIE ALLENATORI

Storie di grandi uomini che hanno guidato spesso nell'ombra o a volte alla luce dei riflettori grandi atleti o squadre verso vittorie uniche e indimenticabili.

José Mourinho lo Special One...


venerdì 30 luglio 2010

José Mourinho

«Un vincente non è mai stanco di vincere e io non voglio perdere mai.» (J.Mourinho)

Personaggio controverso e spavaldo, in mezzo alle sue grandi e indiscusse qualità sportive non spicca la simpatia. Vedere un suo sorriso è un evento raro e ogni volta che apre bocca parla bene solo di se stesso, altrimenti è facile aspettarsi una sentenza contro qualcuno. José Mário dos Santos Mourinho Félix - noto più semplicemente come José Mourinho - nasce a Setúbal (Portogallo) il giorno 26 gennaio 1963.

Figlio dell'ex calciatore Félix Mourinho (portiere del Vitoria Setubal) pare che il giovane José già a quindici anni avesse in mente di intraprendere la professione di allenatore. Fin da bambino segue il padre che una volta smessi i panni di portiere intraprende la carriera di tecnico. José respira l'atmosfera dello spogliatoio e da adolescente comincia a redigere dei rapporti dove annotan le caratteristiche tecniche e agonistiche dei vari calciatori.

Il papà ammira questa sua capacità e lo spedisce a seguire le squadre avversarie. Intanto José prova anche a diventare calciatore professionista: gioca come difensore, ma risulta un giocatore mediocre. I genitori spingono perchè consegua il diploma ma lui a Lisbona studia per diventare professore di ginnastica prima, e allenatore di calcio poi. Comincia ad allenare le giovanili del Vitoria Setubal; poi vola in Scozia per conseguire il patentino di tecnico UEFA. Con i titoli in tasca gli manca solo una squadra che gli offra un'importante opportunità.

L'occasione arriva nel 1992 quando affianca Bobby Robson sulla panchina dello Sporting Lisbona. Inizia in questo contesto la stesura di quella che viene definita "la Bibbia di Mourinho", un taccuino dove trascrive - e continuerà a farlo in ogni squadra che allenerà - relazioni e rapporti dettagliati di tutte le sedute di allenamento. Nel 1996 Bobby Robson passa al Barcellona e Mourinho lo segue per lavorare come traduttore. Quando poi Robson si trasferisce in Olanda al PSV Eindhoven, l'estate successiva Mourinho decide di rimanere in catalogna dove ottiene l'incarico di allenatore della sezione giovanile del Barcellona.

Nel 2000 lascia i ragazzi del Barcellona per passare alla guida del Benfica, squadra portoghese di Lisbona. Ottiene buoni risultati così chiede al presidente il prolungamento del contratto, ma questi rifiuta. José Mourinho lascia per guidare la squadra del Leiria, sempre nella sua terra.

Due anni dopo è il Porto ad ingaggiarlo: al primo anno conquista il campionato portoghese, la coppa di Portogallo e la Coppa UEFA; nel secondo anno si conferma un allenatore vincente conquistando nuovamente lo scudetto ma soprattutto la Champions League, firmando così un risultato storico per la squadra e per il calcio portoghese.

Nel 2004, dopo alcuni contenziosi burocratici relativi alla rescissione del suo contratto con il Porto, viene chiamato ad allenare in Inghilterra: il progetto è ambizioso, così come il proprietario della squadra che lo ingaggia; stiamo parlando del russo multimiliardario Roman Abramovich, padrone della squadra londinese del Chelsea. Mourinho diviene così il nuovo tecnico dei Blues.
Per via di una definizione che dà di se stesso, pronunciata durante la sua prima conferenza stampa, in Inghilterra viene soprannominato "the special one". José Mourinho costruisce in breve una squadra fortissima che sotto la sua guida conquista due campionati inglesi (2004/2005 e 2005/2006) e una coppa di Lega (2004/2005). In questo periodo, per i due anni consecutivi 2004 e 2005, è indicato dall'IFFHS - l'Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio - come miglior allenatore del mondo.

Nella stagione 2006/2007 il Chelsea resta in lizza per quasi tutti gli obiettivi fino alle fasi finali della stagione. Il portoghese riuscirà a guidare la squadra fino alla vittoria della FA Cup contro i Red Devils di Manchester e la Carling Cup (Coppa di Lega) contro l'Arsenal; in campionato viene superato dal Manchester United ed in Champions League eliminato nelle semifinali dai rivali connazionali del Liverpool, ai calci di rigore.

Come si sa, soprattutto nel mondo sportivo e in particolar modo nel calcio, a chi più vince molto viene chiesto: così questi obiettivi mancati di Mourinho provocano in Inghilterra moltissime critiche verso di lui. E' accusato ripetutamente di non saper gestire i tantissimi campioni che sono presenti in rosa; altre critiche gli vengono mosse per gli attriti con l'attaccante ucraino Andriy Shevchenko - acquistato dal Milan per 31 milioni di sterline nel maggio 2006 - scarsamente impiegato per buona parte della stagione 2006-2007.

Dopo un inizio di campionato altalenante ed un pareggio contro la squadra norvegese del Rosenborg nella prima partita della UEFA Champions League 2007-2008, il 20 settembre 2007 Mourinho ha risolto il proprio contratto di comune accordo con la società. Alla base delle dimissioni ci sarebbe stato un rapporto non ottimale con il presidente Abramovich.

Alla fine del mese di maggio arriva in Italia per guidare nella stagione 2008-2009 i campioni d'Italia dell'Inter.
Non arriva alla finale di Champions League, obiettivo stagionale dichiarato, ma vince il 17° scudetto della storia della società.

Nella stagione 2009-2010 porta la squadra a compiere una storica e leggendaria impresa, quella di vincere nello stesso anno lo scudetto, la Coppa Italia e la Champions League. Poi l'ambizioso allenatore portoghese lascia l'Italia per la Spagna, dove va ad allenare il Real Madrid, con il dichiarato obiettivo di voler diventare l'allenatore più giovane e vincente di sempre.

Mark Spitz

«Che cosa potrei fare di più? Mi sento come un fabbricante di automobili che ha costruito una macchina perfetta.» (M.Spitz 1972)

La leggenda di Mark Spitz nasce e finisce alle Olimpiadi del 1972 a Monaco di Baviera. Fu lui a salvare l'edizione dei giochi, funestata dall'attentato terroristico nel villaggio olimpico per mano di dissidenti palestinesi, che uccisero due membri della squadra di Israele e ne tennero in ostaggio altri nove. Mark Spitz, ebreo-americano, prima dei giochi bavaresi, era considerato un buon nuotatore, capace di andare a medaglia... Nessuno certo pensava che potesse diventare in tre settimane lo sportivo più famoso della storia olimpica.

Mark Spitz nasce a Modesto, California, il 10 febbraio 1950. Con la famiglia si trasferisce per quattro anni alle isole Hawaii dove inizia a nuotare sotto gli insegnamenti del padre. All'età di sei anni Mark ritorna negli USA, a Sacramento, dove continua a coltivare la passione per il nuoto. Il padre Arnold è il suo più importante motivatore: sin dalla tenera età ripeteva al figlio la famosa frase: "Nuotare non è tutto, vincere lo è".


Mark inizia a far sul serio a nove anni, quando si iscrive alla Arden Hills Swim Club, dove conosce il suo primo coach, Sherm Chavoor.
Il nuoto è una vera ossessione per il padre che vuole a tutti i costi che Mark diventi il numero uno; in quest'ottica Arnold decide di trasferire la famiglia a Santa Clara, sempre in California, per permettere a Mark di entrare nella prestigiosa Santa Clara Swim Club.
I risultati arrivano in fretta: tutti i record juniores sono suoi. Nel 1967 vince ben 5 ori ai giochi Pan-Americani.

Le olimpiadi di Città del Messico del 1968 dovevano essere la definitiva consacrazione. Alla vigilia dei giochi Mark Spitz dichiarerà che avrebbe vinto 6 medaglie d'oro, cancellando dalla memoria collettiva il record di 4 ori ottenuto da Don Schollander ai giochi di Tokyo del 1964; era così sicuro delle sue potenzialità che considerava un secondo posto un vero affronto alla sua classe. Le cose non vanno come previsto: Mark nelle gare individuali raccoglie solo un argento e un bronzo, vincendo due ori solo nelle staffette USA.

La delusione di Città del Messico è per Mark Spitz un trauma; decide di superare questo momento con duri e frenetici allenamenti. Si iscrive alla Indiana University, il suo coach è Don Counsilmann, il suo obiettivo è uno solo: riscattarsi ai giochi di Monaco 1972. Alla vigilia dei giochi, dopo aver conseguito la laurea, si mostra più cauto ed estremamente concentrato. Il suo tuffo nella leggenda inizia con la gara dei 200 metri farfalla, seguita dal successo nei 200 metri stile libero. Non fallisce nella sua gara preferita, i 100 metri farfalla.
L'ostacolo maggiore sono i 100 metri stile libero; Spitz considera questa prova il suo punto debole, ma l'entusiasmo derivato dai 3 ori già conquistati, lo fa volare con il tempo record di 51'22''. Anni dopo dichiarerà : "Sono convinto di essere riuscito a compiere una grande impresa perchè dopo i primi tre ori, nella testa dei miei avversari vi era un'unica preoccupazione e un un'unica domanda: «Chi di noi arriverà secondo?»".

Le staffette USA erano da sempre considerate le più forti e anche in questa occasione non tradiscono. La perfezione dei 7 ori giunge grazie ai successi nella 4x100 e 4x200 stile libero e nei 4x100 misti. Spitz diviene una leggenda, un mito vivente, alcuni cominciano a dubitare persino della sua provenienza terrestre. Sponsor, fotografi, addirittura i produttori di Hollywood lo tempestano di attenzioni e di contratti. La tragedia dell'attentato palestinese, a poche ore dalla conquista del suo settimo oro, oltre all'intero mondo sportivo, sconvolge però Mark. Lui, ebreo, alloggiava vicino alla delegazione israeliana bersaglio dei terroristi. Prima della conclusione dei giochi, sconvolto, lascia Monaco, nonostante le insistenze degli organizzatori e dei media.

Fu l'ultima volta che si vide Mark Spitz in vasca; si ritirò dopo le imprese di Monaco, giustificando questa sua scelta con la celeberrima frase: "Che cosa potrei fare di più? Mi sento come un fabbricante di automobili che ha costruito una macchina perfetta".

Lasciato il nuoto, per qualche tempo divenne uomo-immagine di numerosi sponsor e fece qualche comparsa nelle produzioni Hollywoodiane.

La leggenda di Spitz durò una sola olimpiade; molti fecero speculazioni su quei successi improvvisi e sul suo seguente ritiro. Infastidito dalle voci Mark decise l'azzardo di prepararsi per i giochi olimpici di Barcellona 1992. A 42 anni suonati provò a partecipare ai Trials ma non raggiunse il tempo limite per la qualificazione.

Quel record di 7 ori in una sola edizione dei giochi è rimasto un muro, un vero e proprio limite dello sport, fino alle Olimpiadi di Pechino del 2008, quando il giovane statunitense Michael Phelps è riuscito a superare la leggenda, mettendosi al collo 8 medaglie del metallo più prezioso.

Michael Phelps

«Se dice che quel record è imbattibile, significa ovviamente che lui pensa di non poter essere in grado di batterlo. Questo non equivale a dire che qualcun altro non lo sia...» (M.Phelps 2008)

Il grande nuotatore statunitense Michael Phelps nasce a Baltimora (Maryland, USA) il giorno 30 giugno 1985. Come atleta professionista il suo esordio internazionale arriva alle Olimpiadi di Sydney del 2000: dal 1932 il giovanissimo Phelps, a solo quindici anni, è il più giovane nuotatore statunitense a prendere parte ai Giochi Olimpici. In quella edizione dei Giochi non vince nessuna medaglia: inizierà da lì a poco l'interminabile raccolta di successi in ambito mondiale.

A cinque mesi di distanza dagli eventi di Sidney, batte il record del mondo dei 200 farfalla. Lo migliora ulteriormente nel 2001 ai Campionati mondiali di Fukuoka (in Giappone). Nel 2002 ai campionati nazionali statunitensi di Fort Lauderdale, ottiene il record del mondo nei 400 misti, oltre ai record nazionali nei 100 farfalla e nei 200 misti.
L'anno seguente migliora il proprio record sui 400 misti e nel mese di giugno ottiene anche quello dei 200 misti. Non si ferma:
nel luglio del 2004 ritocca nuovamente il suo record sui 400 misti durante le selezioni olimpiche americane, che avrebbero portato gli atleti verso i Giochi Olimpici di Atene 2004.

Ed è proprio ad Atene che ha la ferma intenzione di scolpire il proprio nome nella storia dello Sport. Il ragazzo è conscio che in questa disciplina il suo è uno strapotere: nessuno nasconde i paragoni con l'altro grande nuotatore statunitense di sempre, Mark Spitz, che nel 1972 - alle Olimpiadi di Monaco - vinse ben sette medaglie d'oro, un record mai eguagliato da nessuno. Phelps arriva dunque in Grecia con l'intenzione di infrangere il record di Spitz, forte dell'appoggio della squadra statunitense che nelle staffette è da sempre protagonista.

Gareggia in otto specialità diverse: 200 stile libero, 100 e 200 farfalla, 200 e 400 misti, e nelle staffette 4x100 stile libero, 4x200 stile libero e 4x100 misti. Compie un'impresa, ma arriva solo vicino al record di Mark Spitz: vince 6 medaglie d'oro e 2 bronzi (nei 200 stile libero e nella 4x100 stile libero). Con un totale di otto medaglie in una sola olimpiade Phelps eguaglia il record del ginnasta russo Aleksandr Dityatin, ottenuto alle Olimpiadi di Mosca nel 1980.

Relativamente agli eventi di Atene è doveroso riportare alcune annotazioni importanti: nei 400 misti sigla il nuovo record del mondo; nella finale dei 100 farfalla batte il connazionale Ian Crocker per soli quattro centesimi di secondo; il nuotatore che si piazza meglio nella gara individuale è solito compiere la corrispondente frazione nella staffetta 4x100 misti, ma Phelps esausto per le molte gare cede la frazione a farfalla a Crocker: la squadra statunitense vincerà la gara stabilendo il record del mondo, ma poiché, anche mancando nella finale, aveva partecipato alle gare di qualificazione della staffetta mista, a Phelps viene assegnata la medaglia d'oro assieme ai compagni che hanno disputato la gara finale.

Nel 2005 partecipa ai campionati mondiali di Montreal, Canada, vincendo quattro titoli: due individuali (200 stile libero e 200 misti) e due in squadra (4x100 e 4x200 stile libero).

Due anni dopo (2007) ai mondiali di nuoto di Melbourne in una sola settimana di gare stabilisce cinque primati mondiali: nei 200 stile libero (frantuma il precedente primato dell'australiano Ian Thorpe), nei 200 farfalla , nei 200 misti, nella staffetta 4x200 stile libero, e infine nei 400 misti. Altre due medaglie d'oro giungono dai 100 farfalla e dalla staffetta 4x100 stile libero. In totale porta a casa un numero complessivo di sette medaglie d'oro conquistate. L'obiettivo dichiarato delle otto medaglie d'oro sfuma a causa della squalifica della squadra americana dalla staffetta 4x100 misti, avvenuta nella batteria di qualificazione per una partenza anticipata di Ian Crocker.

La sua rincorsa a Mark Spitz è uno dei temi più forti delle Olimpiadi cinesi di Pechino 2008. Il 10 agosto vince l'oro nei 400m misti stabilendo il record del mondo. Si ripete il giorno dopo con la vittoria ed il record del mondo nella staffetta 4x100m stile libero. Il 12 agosto vince l'oro nella prova dei 200m stile libero, segnando un nuovo tempo mondiale. Due ori il giorno successivo, sia nei 200m farfalla sia nella staffetta 4x200m stile libero: ancora con due nuovi record del mondo. Il 15 agosto domina la finale dei 200m misti conquistando anche in questa gara oro e primato mondiale. Il giorno dopo vince i 100m farfalla per un solo centesimo (questa volta senza record del mondo). Con questa medaglia eguaglia l'incredibile primato che era di Spitz. Ma il 17 agosto arrivano un nuovo record e l'ottavo oro nella finale della 4x100m misti.

Michael Phelps entra definitivamente nell'albo delle leggende olimpiche come l'atleta che ha vinto più medaglie d'oro in una singola olimpiade. Diventa anche l'atleta ad aver vinto più medaglie olimpiche in carriera (sedici), superando il ginnasta sovietico Nikolay Andrionov.

Un po' di clamore ha suscitato poi la sua rivelazione che la sua dieta conta circa 12000 calorie giornaliere, quasi sei volte la quantità standard di un uomo adulto.

Un record che gli è sempre sfuggito è quello dei 100 metri farfalla: arriva finalmente nel mese di luglio 2009, nel corso dei campionati americani, quando Phelps ferma il cronometro sui 50"22. Il precedente primato mondiale era del 2005 e apparteneva a Ian Crocker (anch'egli statunitense).

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